Ridurre gli sprechi: quando profit e non profit sperimentano nuove strade

L’argomento della lotta agli sprechi alimentari continua ad appassionarmi. La riflessione di oggi riguarda un esempio concreto di collaborazione tra due soggetti, WWF e Autogrill, che alcuni mesi fa hanno lanciato un hub di sperimentazione dedicato allo riduzione dello spreco alimentare che coinvolge alcune aree di servizio autostradali.

Il progetto prevede lo sviluppo di una filiera integrata grazie alla quale i rifiuti organici dei punti vendita vengono trasformati in compost utilizzato per concimare un’area all’interno dell’Oasi WWF di Vanzago dove viene coltivato riso con metodi biologici certificati. I prodotti dell’Oasi vengono poi venduti all’interno del punto vendita Autogrill Villoresi Est. Così il cerchio si chiude…

Certamente si tratta di un piccolo esempio che ci auguriamo possa diventare un programma più articolato e sviluppato. Ma che possa anche essere “copiato” da altre imprese che hanno fatto della CSR e della sostenibilità una scelta strategica.

M’Illumino di meno! per accendere la cultura

downloadUn post speciale per una giornata speciale. Oggi la sostenibilità è al centro dell’attenzione grazie a M’illumino di meno, iniziativa lanciata con successo da Caterpillar e arrivata alla decima edizione.

Un appuntamento che va oltre i confini nazionali: da Londra a Tel Aviv, passando per Herning in Danimarca, sono in molti ad aver risposto all’appello. Dalle 18 alle 19.30  si spegnerà la luce su alcune opere del nostro ricco (e bistrattato!) patrimonio artistico.
Il messaggio è chiaro: non può esserci sostenibilità ambientale senza cultura. Un filo sottile ma resistente che tiene assieme, salvaguardandoli a vicenda, patrimonio artistico e naturale.

Un gesto certamente simbolico che aumenta l’attenzione  alla sostenibilità  e diffonde un valore così importante per il futuro del nostro Paese e di tutto il pianeta.

E noi che crediamo nella CSR vogliamo essere da meno? Partecipiamo!

Advisor etico

adv2Perché in Italia non è diffusa la figura dell’advisor etico? L’inserimento di questo profilo  professionale potrebbe contribuire alla diffusione di strategie di CSR più corrette? Probabilmente si. Come molti sanno, è una figura ponte tra il consulente classico e l’auditor, vicino all’azienda ma allo stesso tempo dotato di un particolare occhio critico. L’advisor etico non è infatti un certificatore o un avvocato specializzato in diritto ambientale, ma un professionista chiamato a valutare il livello di responsabilità sociale degli strumenti finanziari attraverso un controllo preventivo sugli investimenti. Ma anche a verificare la correttezza dell’impresa nell’utilizzo di tecnologie o di pratiche rispettose dei diritti umani e ambientali.

Short-termismo

downloadNon è una nuova malattia ma il problema di cui soffrono alcuni imprenditori e manager capaci di considerare solo i risultati nel breve periodo. Un problema grave perché impedisce lo sviluppo di strategie di CSR che a volte richiedono tempi medio lunghi per portare risultati interessanti. Troppe trimestrali, scadenze molto ravvicinate, mancanza di investimenti in programmi a sviluppo pluriennale: sono queste alcune delle cause e dei fattori che condizionano un sistema imprenditoriale affetto da short-termismo.

Lotta allo spreco alimentare: un’azione di CSR?

foodCertamente sì, ed è per questo che ne parlo nel mio blog. Lo spunto me lo offre la notizia che il prossimo 5 febbraio sarà lanciata dal ministro dell’Ambiente Andrea Orlando la Giornata di prevenzione dello spreco alimentare in Italia, definita il primo passo di una strategia nazionale che ha l’obiettivo di dimezzare gli sprechi nel prossimo decennio.

Forse non tutti sanno che in Italia lo spreco domestico, oltre ad essere un comportamento non etico, è stato quantificato in 8,7 miliardi di euro, pari allo 0,5 % del PIL, con un costo per le famiglie di 7,06 euro la settimana.

Le imprese impegnate in percorsi di CSR possono contribuire alla riduzione dello spreco alimentare? Alcune lo stanno già facendo con successo grazie alle diverse iniziative messe in campo.

La più diretta e semplice da organizzare è la raccolta del cibo avanzato nella mensa aziendale. Esiste, per esempio, un programma che si chiama Siticibo gestito dalla Fondazione Banco Alimentare al quale aderiscono molte aziende in diversi territori. Nato a Milano nel 2003, Siticibo è la prima applicazione italiana della Legge 155/2003 (cosiddetta del Buon Samaritano) e ha lo scopo di recuperare il cibo cotto e fresco in eccedenza nella ristorazione organizzata e in particolare nelle mense aziendali. In un anno il Banco Alimentare riesce a raccogliere circa 300 tonnellate di pane e frutta e oltre 650.000 piatti pronti. Un aspetto positivo per le aziende, ad esempio Edison, è il coinvolgimento dei dipendenti in questa attività che si iscrive a pieno titolo nel volontariato d’impresa.

Un’altra modalità interessante per contribuire alla lotta allo spreco alimentare è l’educazione del consumatore: per esempio, l’impresa può inserire suggerimenti contro lo spreco sul packaging oppure proporre ricette per utilizzare un prodotto in scadenza. Tra le altre lo sta facendo il gruppo Granarolo, da anni impegnato a sostenere campagne anti-spreco anche con iniziative pubbliche promosse con l’organizzazione Last Minute Market.

Un altro esempio ancora è l’introduzione sul mercato di confezioni monoporzioni che rispondono meglio alle esigenze dei single, in crescita anche nel nostro Paese, e che consentono di ridurre gli sprechi.

Ma l’obiettivo più strategico è prevenire lo spreco del cibo, non solo recuperarlo: per farlo sono necessarie azioni congiunte e coordinate lungo tutta la filiera alimentare, dai produttori ai consumatori e ai policy makers. Speriamo che la Giornata del 5 febbraio sia solo l’inizio…