Complice la crisi, si sono sviluppate in questi anni molte esperienze di social housing, di cohousing (condivisione degli spazi abitativi, delle risorse e dei servizi) e di autocostruzione (coinvolgimento dei futuri destinatari nel processo di realizzazione della nuova casa).
Rientrano nella categoria social housing sia alloggi di edilizia residenziale pubblica destinati a categorie svantaggiate, sia abitazioni realizzate da operatori pubblici o privati ed offerte in locazione a canoni moderati. Il social housing si differenzia per tipologia di intervento (residenze temporanee, cohousing etc.), destinatari (famiglie a basso reddito, fasce sociali a rischio, migranti etc.), promotori (enti pubblici, organizzazioni private, associazioni del Terzo Settore, istituti religiosi etc.).
In una società come la nostra che sta riscoprendo il piacere, non solo la necessità, della condivisione, il social housing è un fenomeno destinato a crescere. Offrire soluzioni abitative alternative attraverso la creazione di un contesto residenziale di qualità permette anche alle persone di partecipare alla sperimentazione di nuove forme dell’abitare e contribuisce alla creazione di comunità più sostenibili.
Credo che una degli effetti più interessanti di queste nuove forme abitative, sia proprio il cambiamento di mentalità che sottolineavi. La casa resta un bene individuale, ma le funzioni comuni allargano la mente, la fanno sentire anche come un bene condiviso. Nulla di più lontano dalla gretta mentalità condominiale (basta aver partecipato a un’assemblea di condominio per capire di cosa parlo), nulla di più vicino alla possibilità della nascita di nuovi rapporti, della creazione di un nuovo e benvenuto “capitale sociale” che sia ponte alla condivisione.
La Lombardia sta sperimentando diverse iniziative interessanti: la Fondazione Cariplo sta mappando 300 progetti di housing sociale realizzati anche grazie al suo sostegno….
Ne parlerò di nuovo sul blog quando saranno disponibili i risultati.
Cara Rossella, molto interessante! A proposito di CSR, mi sono domandato molto spesso se possa avere senso per una NGO cominciare a fare attivita’ commerciali insieme ad imprese private, magari costituendo un veicolo separato che operi come social business. Il Social Housing sarebbe una attivita’ incredibilmente interessante a questo proposito, soprattutto nei paesi di Asia o Africa, dove l’urbanizzazione e’ destinata a crescere smodatamanete e dove una pianificazione attenta sarebbe importante.
Certamente la collaborazione tra profit e non profit sarà sempre più importante.
Alcune organizzazioni del Terzo Settore hanno già avviato partnership anche molto articolate con imprese responsabili e sostenibili.
L’importante è per i due partner chiarire prima ruoli, risorse, competenze, strumenti per misurare i ritorni etc….