L’ospite di questa settimana è Chiara Cant di Sixtinction, un progetto di sensibilizzazione sui temi ambientali davvero creativo.

Da chi è partita l’idea di Sixtinction?
Grazie innanzitutto per concederci questo spazio, Rossella!
L’idea di Sixtinction è partita da me, più di un anno fa. Ero in viaggio per lavoro e in un momento libero, passeggiando tra i banchi di una libreria, mi capita tra le mani un libro dal titolo curioso: Half Earth, del biologo Edward O. Wilson. La tesi ambiziosa dell’autore mi affascina e lo compro. Qualche mese dopo, leggendolo, vengo a conoscenza di una grande emergenza del nostro tempo di cui non avevo mai sentito parlare nonostante mi interessassi da anni di temi simili. Si tratta della cosiddetta Sesta Estinzione. Per spiegarla userò una metafora: 65 milioni di anni fa, come tutti sappiamo, a causa di un asteroide sono scomparsi tutti i dinosauri e moltissime altre specie animali. Questo fenomeno si sta ripetendo ora: secondo la comunità scientifica entro pochi decenni circa il 75% delle specie viventi scomparirà di nuovo dalla Terra. La causa questa volta non viene dallo spazio, è qualcosa che conosciamo molto meglio. La causa siamo noi.
Confrontarsi con tematiche come queste che presentano dinamiche complesse, output che definirei senza dubbio terrificanti, cause multi sfaccettate tende ad annientare anche i migliori dei propositi. Ma per me questa è una situazione troppo grave per voltarmi dall’altra parte e semplicemente attendere che qualcuno faccia qualcosa. Anche perché la politica, che è familiare con questa problematica sin dagli anni ’90, non ha fatto nulla per fermare o anche solo affrontare questa spiacevole realtà. E dato che anche la stampa, con poche rare eccezioni, non affronta il tema ho deciso che dovevo provare a fare qualcosa.
Come? Usando le mie capacità in materia di comunicazione e design per raccontare questa scottante situazione, partendo da soluzioni possibili e lanciando, assieme ad un fantastico team tutto al femminile, un appello ad un personaggio controverso ma visionario: Elon Musk.

Quali sono le caratteristiche che fanno di Sixtinction un progetto diverso dagli altri?
In una parola sola: la volontà di sensibilizzare le persone cambiando i soliti modelli di comunicazione del settore ambientale.
A livello di società parliamo in maniera “sbagliata” di questi temi, per questo non hanno la diffusione che meritano. Servono nuovi strumenti, nuove narrative, nuove sensibilità e nuovi messaggeri per far finire questi argomenti sulle prime pagine dei giornali e sulle bocche di tutti prima che sia troppo tardi. Questi non sono argomenti di cui si parla mangiando una pizza con i propri amici: serve uno sforzo in più da parte di chi si occupa di comunicazione per rendere più accessibile questo tipo di tematiche.
È come quello che accade nelle relazioni: quando non si parla di una problema, questo nel frattempo diventa sempre più grande, difficilmente affrontabile e sopratutto urgente. Noi vogliamo cercare di essere, nel nostro piccolo, un agente di cambiamento.
In contemporanea, siccome parlarne non è più sufficiente, bisogna proporre delle soluzioni. Non possiamo più permetterci il lusso di continuare a pontificare fino alla prossima riunione o assemblea. Dobbiamo affrontare questi argomenti a livello comunitario partendo da azioni concrete che siano perseguibili per fermare questa enorme crisi della biodiversità.

Come è composto il vostro team?
Sixtinction è al momento formato da quattro professioniste del settore della comunicazione che sono allo stesso tempo molto sensibili alla causa. Io mi occupo dell’analisi e dell’ideazione della comunicazione sia sotto il profilo del concept che per la parte operativa, oltre alla direzione del gruppo di lavoro. Poi abbiamo due strategist, una per la parte digital e una per la parte di engagement/ufficio stampa per l’estero, che curano la diffusione del progetto sui social e con me decidono le iniziative di comunicazione da portare avanti ed infine abbiamo una giornalista che ci supporta nei rapporti con la stampa.
Perché un team rigorosamente tutto al femminile? Perché penso che questo sia un grande momento per le donne. La visione femminile rispetto a quella maschile su un progetto è sempre più a lungo termine. Le donne, a mio modo di vedere, sono imprescindibili in qualunque strategia che punti alla sostenibilità e sia legata alla volontà di prendersi cura.

Programmi per il futuro?
Il nostro progetto è ancora molto giovane: sicuramente abbiamo bisogno di farlo crescere. Allo stesso tempo abbiamo in mente diverse iniziative che potrebbero vedere la luce, alcune di queste decisamente poco convenzionali, ma non sono ancora in una posizione di poter anticipare qualcosa.
Abbiamo un obbiettivo ambizioso e tanti modi per raggiungerlo: dobbiamo solo capire quale funzionerà meglio.