Una notizia positiva anche per chi non è appassionato di sport: per la prima volta nella storia dei Giochi olimpici a Rio gareggerà una squadra composta da rifugiati, persone che hanno dovuto superare guerre, violenze e persecuzioni. I vertici del CIO li hanno voluti premiare dando loro la possibilità unica di partecipare ai Giochi olimpici di Rio 2016.
Domani, all’evento di apertura, la squadra sfilerà sotto la bandiera bianca con i cinque cerchi olimpici.
Il Refugge Olympic Team è formato da Rose Nathike Lokonyen del Sudan del Sud, mezzofondista di 23 anni e portabandiera del gruppo; Angelina Nadai Lohalith, Sudan del sud, 21 anni, selezionata per gareggiare nei 1500 metri; James Nyang Chiengjek, Sudan del Sud, gareggerà nei 400 metri; Paulo Amotun Lokoro, Sudan del Sud, 24 anni, vorrebbe vincere l’oro nei 1500 metri; Yech Pur Biel, Sudan del Sud, è pronto a dar battaglia negli 800 metri; Rami Anis, è il più veloce nuotatore della Siria nei 100 metri farfalla; Yusra Mardini, siriana, 18 anni, è arrivata a nuoto all’Isola greca di Lesbo, trascinando con sé la sorella e un gruppo in difficoltà; Popole Misenga e Yolande Makiba del Congo, due judaka accolti dal Brasile nel 2013; Yonas Kinde, 36 anni, etiope, che parteciperà alla maratona.
Per queste persone Rio 2016 rappresenta un sogno diventato realtà. Per tutti noi un segnale di speranza.
I rifugiati in gara a Rio

Il 5 agosto hanno sfilato con una bianca con i cinque cerchi olimpici per testimoniare che sono stati adottati dal mondo. Gli atleti che rappresentano i rifugiati hanno ricevuto moltissimi applausi allo stadio Maracanã che li ha accolti con un’ovazione. Nella tribuna autorità in piedi anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Moon. Un messaggio di speranza….