Nelle scorse settimane nel glossario Le parole per comunicare il sociale (realizzato dal Tavolo di confronto con il Terzo Settore e promosso dal gruppo di lavoro FERPI sociale) abbiamo inserito, su suggerimento di Giangi Milesi, presidente CESVI, il termine resilienza comunitaria. Alla definizione scientifica (resilienza è la capacità fisica dei materiali di resistere agli urti riprendendo la forma originale) abbiamo affiancato la parola comunitaria per indicare la capacità psicologica dei gruppi di persone di superare le avversità uscendone rafforzati. L’espressione definisce in generale la capacità rigenerativa delle comunità di fronte a calamità naturali, instabilità civile e congiunture economiche. La resilienza comunitaria permette di superare diversi gradi di shock: capacità di assorbimento per attenuare sui mezzi di sussistenza gli effetti di shock di bassa intensità; capacità di adattamento per imparare dall’esperienza e adeguare le risposte ai cambiamenti delle condizioni esterne senza smettere di operare; capacità di trasformazione per creare sistemi radicalmente nuovi, più resistenti ai cambiamenti permanenti. Un termine, resilienza comunitaria, che sembra essere quanto mai attuale in una società che sta cercando di affrontare molte nuove difficoltà.
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rossella sobrero says:
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rossella sobrero says:
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Giovanni Salvini says:
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Penso sia molto opportuno promuovere la circolazione scientifica di concetti come la resilienza comunitaria. Una maggiore conoscenza in proposito sarebbe senza dubbio utile per offrire nuovi strumenti epistemologici a chi si occupa di stabilire le policy strategies finalizzate a consentire le più appropriate reazioni alla crisi socio-economica europea e globale.
il Tavolo di Confronto con il Terzo Settore che ha realizzato il glossario intende proprio promuovere la cultura su questi e altri argomenti …..
Tornare a dare un valore alle parole è importante, in un mondo che sulle parole si è costruito e poi distrutto. Usare le parole come pietre permette di costruire con esse.
Resilienza è una delle parole con le quali costruirci un futuro.
Infatti, in periodi di crisi, chi riesce a lavorare agile, a scegliere le opportunità con un po’ di visione, ha più possibilità degli altri di sopravvivere o – ancor meglio – di supervivere. Questa strategia di resilienza potrebbe rischiare di essere solo furbesca e individuale. Occorre metterla a frutto per tutti creando strutture di aggregazione. In quest’ultimo anno ho lavorato a creare http://www.responsabilitaeimpresa.it e http://www.resilienzaitaliana.org. Ne vado fiero e li mostro con piacere, perché sono gruppi di lavoro agili e semplici che stanno riscuotendo interesse e consenso. Completamente diversi rispetto alle grandi strutture messe in campo anche in questi settori negli anni scorsi, negli anni grassi.
Sotto questo profilo ringrazio la crisi che ha colpito proprio negli anni della crescita della mia carriera professionale.
Infatti, senza di lei io avrei dovuto confrontarmi con figli di papà con molti più mezzi. Spianato tutto e convinto chi può a operare all’estero, nei nostri mercati è rimasto lo spazio per generare nuove idee e concretizzarle.
Chiaro che poi le iniziative sono rallentate, se non bloccate, da apparati e amministrazioni che non contemplano il nuovo e la voglia di fare. Ma questo è un capitolo che affronteremo in altri post. In questo si brinda alla resilienza!
complimenti a Francesco Arecco per un’attività che ha tanto in comune con pensieri e idee di coloro che partecipano attivamente a questo blog (e che ringrazio)
invito tutti a visitare i vostri interessanti siti
Ma grazie a te che ci catalizzi! Propongo che tu organizzi ogni tanto, chiamandoci tutti, anche un incontro nel mondo reale (vi ricordate la storica “tana del lupo” di Lupo Alberto? Perché vedendoci de visu si possa comprendere come operare meglio insieme per una resilienza comunitaria.
Grazie a Rossella per i suoi interventi sempre stimolanti. Sul tema della resilienza invito a leggere un mio servizio pubblicato sul numero di febbraio della rivista Il Nuovo Cantiere. In Italia siamo molto distanti dall’adozione di modelli positivi di resilienza, nonostante non manchino esempi interessanti. La resilienza va sviluppata in realtà come L’Aquila, disarticolata sotto il profilo umano e sociale dopo il sisma del 2009. La Resilienza si lega indissolubilmente alla Comunicazione del Rischio e dell’ Emergenza, temi sui quali non a caso l’Italia è in grave ritardo.
Costruire comunità resilienti è un processo lungo, nel quale la comunicazione ha un peso decisivo,
Anche su questo fronte educare, aumentare la consapevolezza della pubblica opinione e degli amministratori è un dovere delle associazioni, degli enti di formazione. Disponibile ad offrire il mio contributo.
http://www.stefanocianciotta.it/public/pubblicato/188/RESILIENZA.pdf
L’Aquila è una ferita aperta non solo nel cuore dei suoi cittadini ma di tutti noi….
Certamente costruire “comunità resilienti” è un processo lungo e complesso ma diventa fondamentale nei luoghi travolti da eventi terribili come è stato il terremoto
Interessante l’articolo di Stefano Cianciotta: da leggere!
A me questa espressione fa pensare alle difficoltà che noi operatori del sociale dobbiamo sostenere a causa dei tagli economici; dopo anni e anni di investimento sulla qualità e sulla formazione, raggiunti livelli gratificanti sia per noi lavoratori sia per l’utente che usufruisce del servizio, sei obbligato d’improvviso a lavorare con il 50% del budget, senza grandi spiegazioni, ma pur continuando a metterci la faccia…e allora sei costretto, se vuoi continuare a lavorare, a cercare risorse alternative per non far mancare niente agli utenti finali, cercando allo stesso tempo di impedire che cali l’entusiasmo e la propositività nell’equipe di lavoro.
Stiamo attraversando una fase purtroppo in cui non è facile assorbire il colpo e adattarsi al minimo indispensabile in quei settori dove già molto mancava da prima; imparare a resistere a spese delle fasce sociali più deboli, continuando ad operare svilisce un po il nostro lavoro…soprattutto quando vedi poi degli sprechi immensi in altri settori.
Il tema è drammaticamente attuale: in particolare nei servizi sociali non è facile mantenere la qualità a fronte di continui tagli di budget.
Capisco quindi il disagio di Alberto e di tanti altri operatori seri come lui….
La resilienza comunitaria sta diventando una hit nel mondo della Cooperazione Internazionale, un modo per rendere le comunita con cui lavoriamo piu’ autonome e forti. Da quell’esperienza forse dovremmo imparare qualcosa anche per aumentare la resilienza delle nostre comunita’.
Ringrazio Giangi per avermi segnalto questo post e mi permetto di linkare qui alcune mie riflessionihttp://danielepanzeri.wordpress.com/2014/04/21/me-rimbarza-dalla-resistenza-alla-resilienza/) .
grazie a te Daniele per averci segnalato il tuo blog con interessanti riflessioni … rimaniamo in contatto
Grazie mille Rossella e complimenti per questo interessantissimo spazio!