Nei giorni scorsi è stato ospite a Padova Christian Felber l’economista austriaco che è tra i fondatori del movimento dell’Economia del Bene Comune.
Ricordo a chi non conosce questo movimento che l’obiettivo è adottare a livello politico-istituzionale un nuovo metodo di misurazione del successo di un’impresa che promuove un modello economico fondato sulla massimizzazione del bene comune.
Christian Felber propone infatti un modello alternativo rispetto ai paradigmi dell’economia classica: nel suo pensiero le parole chiave sono ricerca del bene comune e cooperazione al posto di puro profitto e competizione. Non solo, secondo Felber il nuovo sistema economico può funzionare solo se le relazioni cambiano: fiducia, responsabilità, supporto reciproco e collaborazione diventano il nuovo collante sociale ed economico. Le imprese che praticano l’economia del bene comune non sono in concorrenza tra loro ma collaborano per perseguire l’obiettivo del maggior bene comune e rispettano un codice etico condiviso.
Cosa c’è di nuovo
Il pensiero che sta alla base di questo movimento internazionale è molto vicino ai principi della CSR. Essere sostenibili significa infatti saper coniugare il business con l’impegno sociale e ambientale. Per poter ottenere legittimazione, consenso, partecipazione …
Molto interessante. Come sai il gruppo di verso Bled promosso da FerpiLazio al quale anche tu stai dando un importante contributo lavora sulla applicazione del principio di sussidiarieta’ orientato a creare capitale sociale/valore tangibile sul territorio ad opera di progetti di integrazione fra organizzazioni private, pubbliche e sociali. Siamo a buon punto e la benzina del processo si basa sulle interazioni e contraddizioni fra fiducia e reputazione. Sembra molto complesso ma se la struttura di base del ragionamento si fonda sul governo delle relazioni fra i tre soggetti promotori e gli altri stakeholder del territorio la cosa pare funzionare.
Prendo spunto dall’ultima design week milanese e al coraggio di investire nel bene comune, la lotta all’inquinamento dei mari con le microplastiche si salda all’economia circolare del riciclo e riuso delle plastiche. Direi che si può fare!
grazie Toni, grazie Fabio per le vostre riflessioni!