La tesi n° 14 del mio libro Comunicazione e sostenibilità – 20 tesi per il futuro edito da Egea è
Progettare campagne che possano diventare virali di Elena Zanella, fundraiser, consulente di comunicazione e marketing, formatore, blogger.

Nel 2014, la Rete ha assistito a un evento sociale di portata globale senza precedenti: è stata l’estate dell’Ice Buckett Challenge, delle docce gelate per sensibilizzare e raccogliere fondi contro la SLA. Negli USA, la mobilitazione ha favorito una raccolta di oltre 115 milioni di dollari. In Italia, gli euro hanno superato i 2,4 milioni. La campagna è iniziata e si è esaurita in due mesi.
Numeri da capogiro e notorietà immediata al grande pubblico dei soggetti coinvolti sono attese e conseguenze di una campagna virale di successo. Un evento di tale portata è replicabile? La viralità non è qualcosa che produci bensì qualcosa che ti meriti: è qualità che qualcuno ti riconosce e che per questo decide di premiarti usando l’arma potente del passaparola. Può certamente essere favorita e ciò è possibile grazie all’uso di alcuni accorgimenti che sono premessa essenziale nella creazione di contenuti multimediali potenzialmente virali.
Un contenuto è virale se: gioca sulle emozioni, commuove, fa pensare, stupisce, diverte, imbarazza; ha una struttura semplice e utilizza sistemi di comunicazione e di condivisione diffusi; può contare sul sostegno di persone, detti influencer, riconosciuti e stimati la cui citazione può influire favorevolmente sul numero di click e condivisioni; si usano immagini belle che catturano l’attenzione; la reputazione di chi emette il messaggio è positiva.
Nel ragionare in termini di contenuti va poi fatto un passo oltre perché la viralità va maneggiata con cura in quanto porta con sé forti responsabilità di cui è opportuno essere consapevoli. Per essere virali bisogna essere pronti perché l’impatto conseguente, a volte imprevedibile, deve trovare persone e strutture capaci di gestirlo.