La tesi n° 3 del mio libro Comunicazione e sostenibilità – 20 tesi per il futuro edito da Egea è di Toni Muzi Falconi, che si definisce Senior counsel Methodos, relatore pubblico, docente e polemista. Il titolo della tesi è Modificare il concetto di leadership.

Fra le premesse fondanti per una organizzazione – pubblica, privata o sociale – che persegua la durabilité (come i francesi definiscono da sempre il concetto anglosassone di sustainability) è un ruolo attivo, deciso, continuato, vocale e visibile del suo vertice nell’assicurare, all’interno come all’esterno, che ogni decisione, ogni valore, ogni politica sia – per l’appunto – coerentemente sostenibile.
In questo contesto, l’uso del termine leadership, inteso come “preminenza gerarchica con funzione di guida nell’organizzazione”, è intuibilmente rischioso: per troppi anni infatti leadership è stato sovrapposto a potere gerarchico e processo di direzione verticale dall’alto in basso… termini dignitosamente tipici di una consolidata cultura di direzione che però non assorbiva la dimensione “etico-sociale” oggi sottesa dal concetto di sostenibilità. In altri ambiti (sociali, politici, religiosi) il termine “leader” assume anche valenze carismatiche, populiste, messianiche.
Se si intende continuare a indulgere nell’uso di termini anglosassoni (chissà poi perché?) si potrebbe usare, parlando di “sostenibilità” e, forse più propriamente di “durata nel tempo” dell’organizzazione, il termine stewardship/hostesship. Se non altro ha il merito della (relativa) novità e segnala immediatamente che stiamo parlando di un’altra cosa.
Parliamo cioè di uno stile di relazione con gli altri, dentro e fuori l’organizzazione, che pone l’ascolto, l’analisi del cambiamento, la ricerca incessante di collaborazione, di apprendimento, di convincimento, di condivisione e di pungolo (nel senso di nudge) come proprie manifestazioni prevalenti.