3 domande a Enrico Loccioni

La sua è un’impresa familiare, un modello imprenditoriale a cui molti guardano. Da tempo Loccioni infatti è considerata un’azienda innovativa e responsabile. Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto ad adottare politiche di sostenibilità?
Ho iniziato a lavorare nel momento in cui nelle nostre campagne (nell’entroterra Marchigiano) arrivava l’energia elettrica. Avevo 15 anni e cercavo di sfruttare questa grande innovazione per facilitare il lavoro dei contadini. Ad esempio a casa mia ho costruito una pompa per portare l’acqua nelle stalle evitando così di dover ogni volta andare al pozzo: erano i primi progetti di integrazione di tecnologie per la risoluzione dei problemi. A 17 anni ho lavorato per un breve periodo per una fabbrica di scarpe, esperienza che mi ha fatto capire che il lavoro ripetitivo non faceva per me. In seguito ho voluto applicare un principio di buon senso: non far fare agli altri quello che non piace a te. Il concetto si è perfezionato nel tempo e il non occuparsi di prodotti, uscire dalla logica della fabbrica è divenuto per noi un’occasione straordinaria. Enrico Mattei e Aristide Merloni hanno portato nel nostro territorio molto lavoro e crescita e anche noi abbiamo iniziato a offrire soluzioni su misura per i clienti industriali, iniziando proprio con il controllo qualità per le lavatrici Merloni. Con Merloni ho imparato che ci vuole un territorio per fare un’impresa e come anche l’impresa possa contribuire a fare un territorio. Prendermi cura di questo fazzoletto di terra – dove ho scelto di rimanere – curarne i dettagli, cercando di migliorare continuamente, aggiungendo valore, è la mia grande passione. Ho deciso fin dalla fondazione dell’impresa, di rimanere qui dove sono le nostre radici, perché credo che questo connubio tra ambiente e tecnologia, tra storia e saperi, continui a nutrire l’anima ed il patrimonio di conoscenze del Gruppo. Nella nostra impresa il percorso di sostenibilità è stato la naturale applicazione dei valori mutuati dalla cultura contadina del “non sprecare”. Con il progetto Leaf Community, la prima comunità eco-sostenibile d’Italia inaugurata nel 2008, oggi sviluppiamo le nostre attività con un impatto ambientale vicino allo zero e riducendo ogni tipo di spreco. La Leaf Community è un laboratorio a cielo aperto in cui natura e tecnologia concorrono per migliorare il comfort delle persone e ridurre le emissioni clima-alteranti. La produzione, da rinnovabili, il risparmio energetico raggiunto, le emissioni di CO2 evitate, sono tutti dati misurati e comunicati in tempo reale dai nostri Leaf Meter, i misuratori di sostenibilità che in ogni angolo dei nostri edifici raccontano il nostro impegno per la salvaguardia del pianeta e attraverso la consapevolezza orientano le scelte e i comportamenti. E’ così che la sostenibilità, attraverso la misura, diventa vissuta e non subita e rendiamo concreto l’impianto valoriale sul quale ci fondiamo.

Vi definite “una sartoria tecnologica” e una “open company”: cosa significa?
L’impresa, come la intendiamo noi, si differenzia dalla fabbrica o dall’industria, non è basata sulla produzione in serie, ma sullo sviluppo dei progetti e delle persone, si rinnova continuamente ed offre infinite possibilità. Noi raccogliamo le sfide dai clienti con coraggio e a volte un po’ di incoscienza e sviluppiamo per loro soluzioni su misura per le loro esigenze, per risolvere problemi specifici e migliorare la qualità e la competitività dei loro prodotti. Questo offre ai nostri ragazzi la possibilità a loro volta di raccogliere sfide, di fare un percorso da veri imprenditori nello sviluppo di soluzioni innovative e di nuovi filoni di mercato, con una relazione continua e diretta con grandi clienti internazionali. E’ così che nascono nuovi progetti, si sviluppano nuovi filoni di lavoro e nuove tecnologie. Grazie alla passione e all’intraprendenza delle persone. Oggi lavoriamo con i più grandi marchi del mondo auto, elettrodomestico, energia, medicale, agroalimentare, farmaceutico ed è bellissimo vedere giovanissimi neo diplomati o neolaureati raccogliere le sfide di questi colossi internazionali e portare così lavoro nel nostro territorio. A questi giovani viene offerta formazione e richiesta energia, coraggio di prendere iniziative e di assumersi responsabilità con l’obiettivo di contribuire a far crescere l’impresa. Oggi abbiamo oltre 400 collaboratori con un’età media di 33 anni, di cui la metà laureati e 1 su 8 dedicati alla ricerca. Per questo è fondamentale il concetto di apertura, per rispondere alle sfide ed essere capaci di cogliere le opportunità. Ma non solo con il mercato. Grazie all’apertura e al lavoro a rete, il legame con il territorio, con le sue tradizioni e con le sue eccellenze, diventa un patrimonio da condividere con i nostri partner ed amici, uno dei nostri elementi competitivi. Proprio a questo è dedicato il progetto e la rete “LOV” (Land of Values: La Terra dei Valori) per offrire ai nostri ospiti piccolo assaggio della nostra terra. Con questo progetto abbiamo selezionato le migliori realtà ricettive ed eno-gastronomiche nel raggio di 10 kilometri dalla nostra sede ed abbiamo creato con loro una rete di accoglienza alternativa a quella dei business hotel, simili l’uno all’altro in tutto il mondo. Voi non immaginate l’effetto che fa ai nostri ospiti di tutto il mondo ritrovarsi in un agriturismo immerso nelle vigne, curati e coccolati dai proprietari che li fanno sentire come a casa e che cucinano per loro le tipicità locali! Capita spesso che dopo essere venuti da noi per lavoro, tedeschi, americani, cinesi, ma anche italiani, siano poi tornati in vacanza con famiglia e amici, o abbiano mandato i loro amici o colleghi! Certo questo è uno di quei valori che non si possono misurare, è una di quelle cose che non si contano, ma che contano! Abbiamo anche ristrutturato una casa colonica proprio dentro la nostra area e, oltre ad uffici e laboratori di ricerca, abbiamo ricreato l’ambiente tipico della cascina marchigiana, con una grande cucina con il camino acceso per l’inverno e la cantina fresca per l’estate. Qui accogliamo amici, clienti, fornitori e tutti quelli che ci vengono a trovare, con pasti o merende semplici, un po’ di prosciutto e formaggio tagliati a mano da noi, un bicchiere di buon vino, qualche verdura del nostro orto aziendale. È così che si crea subito un’atmosfera magica, in cui le persone riscoprono valori antichi e il gusto dello stare insieme, del lavorare insieme. Fare rete con il territorio, con le sue istituzioni, con la sua comunità culturale ed economica è fondamentale per noi. L’impresa vive e prospera se vitale e prospero è il territorio che abita ed è sua responsabilità e interesse fare in modo che lo sia. Non ci sono confini, cancelli, recinzioni: l’impresa è aperta perché parte integrante di un sistema più grande da cui può prendere e a cui deve dare.

2 km di futuro® è diventato una case history citato da molti come esempio da imitare. Ci racconta brevemente in cosa consiste questo progetto?
Non è nient’altro che fare quello che facevano i contadini “frontisti” che avevano i campi lungo il fiume e si occupavano della manutenzione del corso d’acqua. Nel 1990 il fiume Esino che scorre a pochi metri dalle nostre sedi è esondato invadendo i nostri laboratori e mettendo a rischio il lavoro. Grazie ai collaboratori e alle loro famiglie nel giro di una settimana siamo ripartiti, ma il problema del dissesto idrogeologico, purtroppo comune a molti corsi d’acqua nel nostro paese, restava sempre incombente e ho deciso di lavorarci. E’ così che in un laboratorio di progettazione congiunta tra pubblico e privato abbiamo iniziato i lavori per mettere in sicurezza i due kilometri di fiume accanto alla nostra impresa. Essendo cresciuto in questo territorio, avevo in mente il fiume come risorsa utilizzata in passato dalla comunità, per la legna, per l’acqua con i mulini, per la ghiaia per rifare le strade. Abbiamo quindi iniziato lavorando insieme con geologi e progettisti, a recuperare esperienze passate e così innovare il rapporto con il fiume. Grazie a questo lavoro corale il fiume è tornato finalmente sicuro e accessibile per tutta la comunità, suggerendo ad esempio nuove iniziative pubbliche (come la pista ciclabile) e private con la nascita di punti di ristoro. Inoltre il fiume è diventato anche un laboratorio di misura per la sicurezza, con sensori che in tempo reale segnalano la crescita delle piene o lo scalzamento delle pile dei ponti. L’investimento che abbiamo fatto come impresa si ripagherà nel tempo attraverso al produzione di energia idroelettrica e termica (con le micro centrali idroelettriche e la biomassa), che verrà usata per gli stabilimenti del gruppo e servirà a ripagare anche le spese di manutenzione del fiume nel futuro. Un esempio d’impresa che va oltre l’imprenditore.

Enrico Loccioni nasce a Serra S. Quirico (AN) nel 1949 e trascorre l’infanzia nella campagna marchigiana dove vive tuttora con la famiglia. Oggi guida un Gruppo leader a livello mondiale nella misura e nell’automazione per il controllo qualità e la sostenibilità. Nel 1968 inizia il suo percorso imprenditoriale come artigiano nel campo elettrico, ma si distingue subito per l’attenzione alle componenti soft dell’impresa: le persone, le relazioni e l’innovazione.  Oggi i clienti e partner sono i leader mondiali nei loro mercati, dall’automotive, all’elettrodomestico, dall’industria all’energia, dal medicale all’agroalimentare. Con installazioni in oltre 40 paesi del mondo e sedi di rappresentanza in America, Germania e Asia, l’impegno Loccioni è cercare lavoro nel mondo e portarlo nel territorio, sviluppando sempre nuove opportunità di lavoro e di conoscenza. Negli ultimi anni il fatturato è stato in costante crescita e ha permesso l’inserimento continuo di giovani e l’investimento in nuovi progetti. Un esempio è la realizzazione nel 2008 della Leaf Community, la prima comunità eco-sostenibile d’Italia, un laboratorio aperto per la sostenibilità che comprende i laboratori Loccioni, alcune strutture residenziali e l’energia della natura. Nel 2014 questa buona pratica di sostenibilità – economica, ambientale, sociale – evolve con la realizzazione della prima microgrid energetica reale e funzionante e con il progetto “2km di futuro. L’impresa di seminare bellezza” (divenuto anche un libro edito da IlSole24Ore): l’impresa esce dai suoi confini per prendersi cura anche di ciò che è all’esterno, le strade, il fiume (con la riqualificazione e messa in sicurezza) i ponti, le risorse culturali, in un laboratorio di progettazione congiunta tra pubblico e privato per l’innovazione sociale. Un progetto unico nel suo genere, che porta nella remota vallata marchigiana oltre 9000 visitatori l’anno e che si è guadagnato l’onore di essere rappresentato a Palazzo Italia ad EXPO2015.  L’attenzione alle persone e all’ambiente porta il Gruppo da lui guidato ad essere anche nel 2015 (per l’ottava volta) tra le migliori imprese in cui lavorare in Italia secondo la classifica Great Place To Work®. Tra i numerosi riconoscimenti anche il Premio Ernst&Young “Imprenditore dell’Anno 2007”, il Premio Imprese per l’Innovazione 2010, lo European Business Award 2010 e 2011. Nel 2015 viene nominato Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

 

2 pensieri riguardo “3 domande a Enrico Loccioni”

  1. Empatia; Conoscenza del territorio, della sua storia, dei suoi valori; Capacità di favorire l’innovazione; Volontà di condivisione; Curiosità; Passione; Fiducia; Misurazione dei risultati: questi gli elementi che scaturiscono da questa intervista. Sembra quasi un “ottalogo” di una CSR che riesce anche ad affrontare problemi di dissesto territoriale, con la consapevolezza di star sviluppando un investimento per il bene comune che, ovviamente, include anche l’impresa. Straordinario!

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