Questa settimana la protagonista della rubrica del mio blog è Nicoletta Tranquillo di Kilowatt, una start up di Bologna.
Ciao Nicoletta. Kilowatt ha rigenerato uno spazio pubblico abbandonato nel centro di Bologna per restituirlo alla città: ci racconti quando è nata l’idea?
L’idea di rigenerazione urbana come occasione di innovazione sociale, di ripensamento dei servizi sulla base della lettura dei nuovi bisogni e di rivitalizzazione di relazioni sociali, nasce dall’esperienza di gestione di uno spazio in centro a Bologna che abbiamo attivato nel 2012. Si trattava di un coworking ante litteram, almeno per Bologna dove non ce n’erano ancora. È stato il nostro banco di prova e sperimentazione dove abbiamo creato una community solida e abbiamo messo a punto gli strumenti che poi ci sarebbero serviti per Le Serre dei Giardini: design dei servizi, community organizing, arte relazionale, coprogettazione, misurazione d’impatto sono alcuni degli strumenti e degli approcci che abbiamo iniziato a sperimentare lì e che ora sono il nostro metodo giornaliero di lavoro. Quando il primo spazio di Kilowatt ha iniziato ad essere un luogo vivo di produzione culturale e di lavoro, di sperimentazione di nuovi modelli di collaborazione, di produzione del valore e di welfare, di creazione di relazioni e di opportunità, allora abbiamo capito che quello che stavamo facendo aveva una valenza pubblica, poteva essere un’opportunità non solo per noi ma per Bologna. Così abbiamo partecipato ad un bando pubblico con un progetto ambizioso che univa dinamiche sociali, culturali, di innovazione aperta ma soprattutto imprenditoriali. Questi i principali driver di rigenerazione che abbiamo adottato, con l’obiettivo di creare uno spazio ibrido, accogliente, rivolto a target diversi che possano trovare stimoli, opportunità ma anche la soddisfazione di bisogni. Noi lo definiamo un luogo dove il lavoro deve avere la stessa qualità del tempo libero, dove gli spazi siano inclusivi, generativi, creativi e stimolanti.
Alle Serre oggi c’è un coworking, un servizio educativo, un orto gestito da una community garden, uno spazio per concerti, proiezioni e attività culturali, un bistrot, un incubatore per imprese sociali e cooperative. Hanno una postazione stabile circa 20 coworker, crescono 7 bambini, ci lavorano 45 persone d’estate e ci passano fino a 1000 persone al giorno.
Come è organizzato il servizio educativo Kw Baby?
Si tratta di un servizio sperimentale, riconosciuto dalla Regione Emilia Romagna e convenzionato con il Comune di Bologna. La sperimentalità (e la nostra filosofia) sta nel coinvolgimento di genitori, educatori e pedagogisti nella coprogettazione del servizio così da rispondere ai nuovi bisogni dei genitori (liberi professionisti, imprenditori, freelance); nella permeabilità degli spazi, in cui i genitori possono partecipare alle attività che si svolgono, le mamme coworker possono continuare ad allattare se lo desiderano, i bimbi conoscono i coworker, i cuochi, il giardiniere e tutti gli abitanti delle Serre; nella scelta di privilegiare una forma di educazione all’aria aperta, nella natura, che segua e riconosca la stagioni.
Quali sono i programmi per il futuro?
Nel 2016 abbiamo scritto il nostro primo Bilancio d’Impatto. Abbiamo sempre dato molto valore al racconto, alla trasparenza, all’accountability, in un percorso che ci ha portato attraverso diversi step di consapevolezza e strutturazione e che è sfociato alla fine in questo strumento di grande utilità progettuale e strategica. Questo lavoro ci ha permesso di capire che il percorso fatto finora è stato possibile grazie alla capacità di visione e alla forza dei legami che ci uniscono, tra noi e con la fitta rete di soggetti che rendono le Serre e Kilowatt un organismo vivo, con un cuore pulsante, ma anche grazie al consolidamento di un approccio (il nostro approccio) fatto di momenti di allineamento e di condivisione della visione e degli obiettivi, di momenti coesivi che rafforzano il gruppo di lavoro, generativi e creativi perché arricchiscono l’organizzazione con il contributo di tutti. I nostri programmi per il futuro prevedono almeno tre direzioni:
1 – l’approccio bossless, nella nostra organizzazione interna e nel supporto ai nostri clienti/partner (aziende, associazioni, enti, gruppi di lavoro), è per noi la prima sfida: ci siamo dati due anni di tempo per diventare la prima azienda completamente bossless d’Italia. Con un’ipotesi da validare: senza capo significa dotarsi di una forma mobile, dinamica, ma misurabile, osservabile, strutturabile. Una forma dedicata alla valorizzazione dei talenti di ciascuno nella vita lavorativa. Bossless nel senso di responsabilità diffusa, mutuo riconoscimento delle qualità in un gruppo, qualità del lavoro e dunque qualità della vita.
2 – l’ibridazione è un forte valore d’uso delle nostre pratiche. Ci piace prendere forme consolidate, affiancarle, vedere come possono mettersi reciprocamente in luce. La prima sperimentazione che vorremmo mettere a sistema è quella tra due anime “identitarie” di Kilowatt, la comunicazione e il capacity building. La comunicazione non è un layer che si appoggia a un’organizzazione: partendo da un allineamento interno sulla proposta di valore si individuano le basi comuni da cui partire per costruire un piano di comunicazione integrato e condiviso a tutti i livelli aziendali. Anche qui siamo partiti da noi e da alcune organizzazioni che hanno creduto in noi: ci piacerebbe fra un anno che questa pratica sia condivisa e questi strumenti diffusi ampiamente.
3 – Community hub: abbiamo scritto e riflettuto molto su quello che abbiamo fatto alle Serre e l’abbiamo messo in relazione e in condivisione con altre esperienze simili in Italia con l’obiettivo di rendere gli strumenti adottati e le esperienze fatte patrimonio comune e per promuovere una forma di rigenerazione urbana che crei ampi benefici sociali. L’obiettivo che abbiamo per il prossimo futuro è far crescere questo dibattito, portare le nostre competenze al di fuori di Bologna, facilitare un processo, certamente di policy ma forse anche normativo, che promuova queste esperienze come strumento di risposta ai bisogni sociali emergenti sia nelle città che nei centri più piccoli per ridare loro vita ed energia.