Dani e il contagio virtuoso

Una filiera, quella della lavorazione conciaria, di cui si parla poco quando si affronta il tema della sostenibilità del processo produttivo. Eppure è un settore (naturalmente molto critico) dove sono stati fatti passi avanti importanti. Un esempio è rappresentato da Dani, impresa veneta che produce pelli per diversi usi, che da tempo lavora per ridurre l’impatto della propria attività ma anche per promuovere l’attenzione alla sostenibilità degli altri attori della filiera.
Il sito dell’azienda si apre con questa dichiarazione: “Da anni Dani ha scelto di essere un’azienda sostenibile, riconoscendo nella sostenibilità socio ambientale i principi che guidano le proprie azioni imprenditoriali, orientate allo sviluppo dell’azienda, delle persone che lavorano al suo interno e alla salvaguardia delle generazioni future.” L’azienda sostiene anche la necessità di creare un “contagio virtuoso”, un sistema dinamico a due vie, in grado sia di recepire sia di diffondere innovazioni orientate a migliorare processi e prodotti nel segno della sostenibilità.
Dani è una realtà importante con 1.000 dipendenti, 6 stabilimenti, 230 milioni di fatturato (l’export contribuisce per l’80%), attiva principalmente in due ambiti – Automotive e Home Style & Fashion – dove collabora con importanti marchi internazionali.
Dani partecipa anche nel 2017 a Open Factory, un’iniziativa finalizzata ad aprire al pubblico le imprese del territorio, un opening di cultura industriale e manifatturiera delle Venezie. Anche questa scelta è una dimostrazione di responsabilità e trasparenza.

Cosa c’è di nuovo
L’attenzione al controllo della filiera sta diventando sempre più importante per tutte le imprese: il caso Dani è interessante perché l’impegno per la ricerca è fondamentale in un ambito difficile con problematiche complesse. Cercare di migliorare il processo produttivo per massimizzare la qualità e minimizzare l’impatto sull’ambiente è una sfida interessante.

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