GreenFoodWelfare360

L’ospite di questa settimana è Daniela Pierotti di Green Food Welfare 360.

 Ciao Daniela e benvenuta sul mio blog. Da chi è partita l’idea di creare Green Food Welfare 360?
Green Food Welfare 360° nasce da un’intuizione e dall’attenzione che ho sempre avuto in tema di welfare aziendale anche quando ancora si conosceva davvero pochissimo di questo strumento.
Dopo 6 anni di maturata esperienza, il progetto ha trovato la sua concreta realizzazione all’inizio di quest’anno. La nostra principale attività è di sostenere ed educare le persone ad una alimentazione a basso carico glucidico.

La prevenzione e la gestione dello stress dei dipendenti è un problema per molte aziende. Come si articola la vostra proposta?
La nostra proposta si basa su una concezione moderna orientata alla prevenzione negli ambienti di lavoro. Essa si concretizza attraverso iniziative integrate nei luoghi di lavoro finalizzate a ridurre i fattori di rischio legato alle malattie croniche. Il Welfare Integrato all’Azienda fa realmente parte di una strategia di modernizzazione della stessa: una progettazione strategica del servizio di Welfare Integrato favorisce infatti una crescita di valore per tutti, imprenditori, dipendenti, familiari, comunità di riferimento.
La prevenzione è una tra le aree di welfare poco sviluppata con tassi di iniziativa poco elevati ma in fortissima espansione.
Gli strumenti adottabili sono principalmente tre:

  • team building: attraverso corsi di formazione extra-professionali per dipendenti e comunità di riferimento, cioè “quelle iniziative che evidenziano la responsabilità sociale dell’Azienda sul territorio” facendola diventare centro di gravità permanete della stessa comunità, tra cui seminari informativi sull’indice glicemico e il carico glucidico di un pasto; corsi di lettura delle etichette alimentari e corsi di Nutri-Cucina.
  • canteen improvement: re-design di menu aziendali con piatti ricchi di gusto a basso carico glicemico.
  • health coaching: una ri-educazione alimentare a basso contenuto di zuccheri semplici, grazie al servizio di consulenze personalizzate per i dipendenti. Il processo di Health Coaching tocca tutte le principali aree del benessere e della salute del dipendente.

Quali sono le organizzazioni che si rivolgono a voi?
In questi 8 mesi di attività hanno dimostrato un grande interesse al progetto Green Food Welfare 360° solo Aziende di grossa entità con oltre 5000 dipendenti, nonostante sappiamo bene quanto l’Italia sia un paese dove la PMI rappresenta realmente il tessuto d’impresa.
I dipendenti sono l’Azienda ed un’azienda “sana” sta meglio, produce di più ed è più competitiva, questo è il solo modo per fare impresa oggi.

Programmi per il futuro?
Tanti, ma il primo rimane quello di favorire questo cambio di mentalità legato al modo di fare impresa che oggi ha necessità di essere attuato.

HUMAN

L’ospite di questa settimana del mio blog è Danilo Piton di HUMAN

Ciao Danilo e benvenuto sul mio blog. La tua società Human è nata pochi mesi fa: da chi è partita l’idea?
Ciao Rossella e grazie per la visibilità che ci offri. L’idea di Human nasce nell’estate del 2017. Discutendo tra amici, ci siamo sentiti soli nella nostra volontà di partecipare alla sfida lanciata dai Sustainability Developements Goals delle Nazioni Unite. Sembrava essere una questione riservata a Stati, Organizzazioni e Aziende, mentre noi crediamo che siano prima di tutto le persone a poter fare la differenza nel contrastare i cambiamenti climatici.
E allora ci siamo chiesti: se le aziende pianificano le loro attività per la sostenibilità, perché non dare anche alle persone la possibilità di realizzare il proprio percorso verso la sostenibilità?
Per questo abbiamo realizzato una web app che permette alle persone di conoscere l’impatto ambientale del proprio stile di vita e di stabilire le azioni per diventare più sostenibili.
Dopodiché possono condividere questo impegno con tutti propri profili social, perché quando facciamo qualcosa di buono è bene che tutti lo sappiano affinché si uniscano a noi.
L’obiettivo di HUMAN è comunicare la bellezza di essere sostenibili per coinvolgere gli altri nel piacere della sostenibilità. Ed ecco che una semplice idea si è trasformata in innovazione e in uno strumento semplice e quotidiano diventa la base per creare una community.

Il problema dei cambiamenti climatici è sempre più attuale. Con la vostra proposta vi rivolgete alle imprese per coinvolgere le persone: ci spieghi meglio?
La HUMAN Web app è lo strumento. Si tratta di un contenitore di “Awareness campaign” con cui vengono affrontati argomenti specifici a tema ambientale e che vengono messe a disposizione delle aziende, affinché possano divenire seminatrici di sostenibilità presso i loro stakeholder.
L’utente, sottoscrivendo una “Campagna di Awareness”, aderisce alla comunità di valori ed esperienze realizzata dalla specifica azienda.
Le Nazioni Unite, con i Sustainability Developements Goals, hanno stabilito i target che devono essere raggiunti dagli stati membri; gli stati membri da parte loro hanno chiesto alle aziende di impegnarsi verso il traguardo comune; le aziende saranno agevolate nel raggiungimento dei loro obiettivi incentivando la diffusione della HUMAN WebApp presso i loro dipendenti e clienti.
Vogliamo raggiungere le aziende che condividono con noi la fiducia nelle persone e la volontà di incentivare la coscienza sostenibile. Crediamo che grazie al coinvolgimento delle aziende potremo ottenere più facilmente la visibilità necessaria a coinvolgere un numero di utenti rilevanti per un cambiamento significativo.

La tecnologia è fondamentale per trovare soluzioni finalizzate alla riduzione dell’impatto ambientale: quanto è stata importante per voi?
Per HUMAN tecnologia significa comprendere l’impatto associato a consumi e comportamenti e disporre della capacità di rappresentazione delle campagne nel contesto digitale identificato.
La certificazione dei processi di misura necessari alla quantificazione degli impatti collegati ai comportamenti degli utenti è stata ottenuta grazie a una collaborazione con il Dipartimento Ingegneria Ambientale del Politecnico di Torino, sotto la direzione scientifica del professor Blengini. I processi di Life Cycle Assessment assegneranno i valori da associare alle singole risposte oggetto di valutazione nelle campagne di Awareness.
La tecnologia ci permette anche di essere flessibili e assecondare i bisogni delle aziende e delle persone. Per esempio: HUMAN non è una app, bensì una web app, e quindi non richiede all’utente di dover scaricare nulla. Offre anche la possibilità di raccogliere e raccontare informazioni rilevanti sull’impegno per la sostenibilità, con una suite completa di strumenti di analisi dei dati, progettata dal team di Human e dai nostri partner tecnologici.
Infine è proprio il nostro team e le sue competenze tecnologiche e trasversali a dare energia a questo progetto, adattandosi velocemente agli obiettivi che le company possono dichiarare, con dinamicità ed entusiasmo.

Quali sono gli obiettivi che vi siete dati per il 2020?
Il 2020 per noi è un anno cruciale, dal 30 gennaio andremo in produzione. I contatti avviati con alcune aziende early adopter ci hanno permesso di mettere a punto la HUMAN App e i Seeding Sustainability, i servizi pensati a supporto delle aziende, in modo da presentare la nostra soluzione al mercato CSR.
Inoltre parteciperemo al Giro d’Italia della CSR per aggiungere la proposta di HUMAN ai vari volti della sostenibilità. Sarà un anno nel quale andremo a mettere a punto il nostro modello di vendita, anche grazie ad alcuni accordi commerciali di distribuzione, con lo scopo di procedere all’internazionalizzazione a partire dal 2021.
Il rafforzamento del Team e l’arricchimento di competenze ci permetterà di dare vita alla nostra vision: realizzare la piattaforma digitale più usata per diffondere le campagne di sostenibilità, e così unire aziende, persone e istituzioni nel miglioramento concreto dell’ambiente.

FRIECO

L’ospite di questa settimana del mio blog è Roberto Frisina, Co Founder di Frieco.

Ciao Roberto e benvenuto sul mio blog. Quando e come nasce Frieco?
Ciao Rossella e grazie per l’opportunità di poter raccontare la nostra storia.
Durante l’esperienza imprenditoriale passata (dal 2003 al 2018) nell’ambito della metalmeccanica e lavorazione lamiera con l’attività di famiglia, io e mio fratello Danilo Co Founder della FRIECO Società Benefit srl siamo cresciuti con una cultura imprenditoriale molto profonda pur essendo comunque un’attività di piccole dimensioni che lavorava prettamente su disegno o conto terzi.
Così a seguito delle varie “crisi” che ci accompagnano da anni nel 2013, consapevoli delle nostre capacità, è nata la decisione di sviluppare, in parallelo alla normale attività, un nuovo prodotto da zero senza sapere però esattamente che cosa.
Siamo partiti quindi da un ragionamento basilare: quali sono le cose vitali per l’uomo e che pertanto non possono andare in crisi ovvero ci sarà sempre domanda? La nostra risposta è stata il cibo e l’acqua oppure di conseguenza i rifiuti, perché comunque tutti i cibi e bevande per essere offerti devono avere un imballaggio o un contenitore. Così abbiamo studiato il mercato e poi abbiamo notato che proprio nell’ambito rifiuti e più precisamente per i rifiuti inorganici, che sono ad esempio i contenitori o imballaggi in plastica, vetro, metalli e cartone, non esistevano e tuttora non esistono soluzioni per agevolare l’organizzazione interna di un’attività commerciale o di un’azienda o di un cittadino.
Nasce dunque l’idea di creare un nuovo elettrodomestico per i rifiuti o meglio per ridurre il volume dei rifiuti, proprio come una lavastoviglie o una lavatrice o un asciugatrice aiuta ed agevola la vita quotidiana di ogni persona.
La nostra innovazione consiste nella tecnologia di triturazione che abbiamo brevettato e che permette in pochissimo tempo di ridurre il volume di tutti i rifiuti inorganici di oltre il 95%, questo significa che dove prima era necessario uno spazio di stoccaggio di 7 contenitori o buste grazie a FRIECO ne basterà 1.

Siete non solo una start up innovativa ma anche una società benefit: ci spieghi le ragioni di questa scelta?
A seguito di feedback di clienti già acquisiti oltre che dai potenziali (non solo a livello nazionale), abbiamo riscontrato ripetutamente la necessità di rispondere alle seguenti domande la cui risposta molte volte ha pregiudicato l’acquisizione del cliente stesso: cosa ne faccio del materiale triturato? l’ente preposto ritirerà questo materiale?
Confrontandoci con i player del settore rifiuti (non interessati a variare lo status quo) ed alcune amministrazioni comunali, abbiamo capito che queste due domande al posto di essere un ostacolo alla diffusione del prodotto potevano essere un vantaggio.
L’evoluzione naturale del progetto FRIECO, nasce come Prodotto Innovativo per poi diventare un servizio utile al cliente, società ed ambiente. Si perché la fornitura di una macchina per riduzione volumetrica alla fonte ci permette in primis una minor frequenza di ritiro presso le utenze, oltre l’utilizzo di mezzi meno impattanti.
L’impiantistica necessaria alla stoccaggio, selezione e trasformazione del materiale già triturato di conseguenza è meno ingombrante e meno costosa sia in termini di investimento aziendale che in termini Ambientali.
Questo concetto e idea ci ha permesso nel 2018 di arrivare come finalisti a Start cup Piemonte VdA e di partecipare poi a Verona al Premio Nazionale Innovazione ricevendo la Menzione Speciale Social Innovation per il miglior progetto di Innovazione Sociale.
Pertanto ci siamo resi conto che la nostra proposta ha fini ben più elevati a livello etico e morale del normale modello d’impresa, per cui abbiamo conosciuto il modello normato anche dalla legge italiana delle Società Benefit che rappresentano una evoluzione del concetto stesso di azienda. Mentre le attività tradizionali esistono con l’unico scopo di distribuire dividendi agli azionisti, le SB sono espressione di un paradigma più evoluto: integrano nel proprio oggetto sociale, oltre agli obiettivi di profitto, lo scopo di avere un impatto positivo sulla società e sulla biosfera.
Non si tratta di Imprese Sociali o di una evoluzione del non profit, ma di una trasformazione positiva dei modelli dominanti di impresa a scopo di lucro, per renderli più adeguati alle sfide e alle opportunità dei mercati del XXI secolo.
In particolare con FRIECO vogliamo migliorare la filiera della raccolta rifiuti rendendola meno inquinante e sostenibile in ottica di Economia Circolare.
Per fare questo forniamo un innovativo elettrodomestico brevettato per ridurre il volume dei rifiuti inorganici, poi veniamo a raccogliere il materiale per trasformarlo in nuovi prodotti eco-sostenibili…

Che ruolo ha la tecnologia nello sviluppo dei vostri progetti e più in generale nella gestione differenziata dei rifiuti?
Certamente è utile differenziare i rifiuti anche se in alcuni casi è veramente difficile perché la metodologia cambia da comune a comune, ma anche su quello abbiamo qualche idea da portare avanti in futuro.  La vera sfida, secondo noi, è nell’immaginare cosa si può creare con quel materiale. La tecnologia o meglio le nuove tecnologie come IoT, Blockchain, o quelle elettromeccaniche che andremo a sviluppare sono e devono essere il cardine, dal nostro punto di vista, al fine di  ottenere  un’innovazione sociale.
Vogliamo poi certificare e tracciare la nostra filiera di riciclo in modo che sia per tutti visibile dove vanno i materiali raccolti e permettere ai nostri clienti di poter raccontare la propria ecosostenibilità.

Quali sono i vostri programmi per il futuro?
Lo sviluppo del primo HUB (centro operativo) pilota a servizio di una predefinita area geografica (20 Km), ed una definita quantità di utenze non domestiche, che svolgerà le funzioni di promozione e vendita delle macchine e dei nuovi prodotti provenienti dalla filiera autonoma; servizio di ritiro per avvio a riciclo del materiale di scarto cui l’utenza di tipo commerciale non vuole disfarsi; assistenza; selezione del materiale di scarto per ottenere materiali omogenei; avvio a riciclo diretto o attraverso altre attività (priorità localizzazione).

VAIA

L’ospite di questa settimana del mio blog è Giuseppe Addamo, uno dei fondatori di VAIA, una startup molto particolare.

Ciao Giuseppe e benvenuto sul mio blog. VAIA è nata pochi mesi fa: da chi è partita l’idea?
Tutto è cominciato da Federico, ragazzo trentino del ‘91, che ha vissuto sulla sua pelle gli effetti dei cambiamenti climatici con la tempesta Vaia. Ha perciò coinvolto me e Paolo in questa avventura che oggi è realtà. Il progetto è nato da un semplice quesito: è possibile rispondere in modo concreto alle conseguenze imprevedibili di un disastro climatico? Abbiamo pensato a lungo alla questione e siamo giunti a una conclusione: ripartire dalla distruzione per creare qualcosa di nuovo, qualcosa di bello. Così nasce Vaia, che dall’essere una tempesta diventa un prodotto di design e una visione di futuro. Non vogliamo solo produrre in modo sostenibile, ma generare benefici per l’intero ecosistema. Per questo motivo lavoriamo solo con designer e artigiani locali; inoltre abbiamo deciso di ripiantare un albero per ogni prodotto venduto, al fine di ricostituire gradualmente l’equilibrio naturale nelle zone colpite.

Anche se gli effetti della tempesta VAIA sono sotto gli occhi di tutti molte persone non hanno capito la gravità dei cambiamenti climatici in atto. Quali sono gli obiettivi che vi siete dati?
L’impatto dell’uragano è stato devastante: si stima che siano caduti circa 42 milioni di alberi, mentre i danni economici nel Triveneto superano i due miliardi di euro. Per non parlare dell’aggravarsi del rischio idrogeologico, che espone diverse località al pericolo delle frane. Vaia vuole contenere questo rischio con la messa a dimora di nuovi alberi, perché le radici rendono il suolo più stabile e favoriscono lo scorrere dell’acqua piovana. Ma secondo noi è importante stabilire dei numeri concreti per essere credibili, pertanto ti dico che il nostro obiettivo per la fine del 2019 è di 5000 alberi. Siamo fiduciosi di potercela fare, tante persone e tante aziende hanno mostrato apprezzamenti nei confronti di Vaia e quindi cercheremo di raggiungere questo intento soprattutto con il loro supporto, formando una vera e propria comunità. Una cosa che vogliamo fare in parallelo è organizzare eventi per sensibilizzare le persone alla questione climatica. Come sostieni correttamente Rossella, tanta gente non ha ancora compreso l’entità del problema e diventa importante diffondere un messaggio di rispetto verso l’ambiente e il territorio. Non è un caso infatti che il prodotto Vaia sia un amplificatore passivo: volevamo proprio lanciare la metafora della richiesta di soccorso della Natura, “amplificata” grazie al cubo Vaia.

Come è composto il vostro team?
I fondatori sono tre: io (Giuseppe), Federico e Paolo. Io mi occupo del marketing e della comunicazione della startup, Paolo dell’aspetto amministrativo mentre Federico gestisce l’intero team. Abbiamo avuto la grandissima fortuna di essere aiutati da tantissimi altri ragazzi, quasi tutti under 30, che hanno creduto nel progetto e hanno deciso di sostenerci, apportando il loro specifico contributo. Rimando al nostro sito per approfondire meglio chi sono i membri del team: https://www.vaiawood.eu/il-team/

Quali programmi avete per il futuro?
Sicuramente vogliamo creare e proporre nuovi oggetti, sempre legati al mondo del design e del vintage. Ma crediamo che il nostro modello di business sia applicabile a tanti altri contesti, dai cataclismi climatici agli sprechi di risorse naturali, pertanto non vogliamo porci dei limiti e intervenire ovunque ci sia bisogno di noi, come una “emergency ambientale”. L’obiettivo di Vaia rimane sempre restituire una dignità, una seconda vita a delle preziose materie prime che altrimenti andrebbero sprecate. Tuttavia, nei prossimi mesi la nostra priorità sarà il recupero del legno caduto nelle Dolomiti, poiché c’è tanto da fare e intendiamo lavorare con impegno, risolutezza e focus sul territorio.

SPROUT

L’ospite di questa settimana è Michael Stausholm, fondatore di Sprout.

Ciao Michael e benvenuto sul mio blog. Ci racconti qual è l’idea da cui siete partiti per creare Sprout?
Grazie innanzitutto per l’opportunità. L’idea della matita piantabile nasce da un gruppo di studenti del MIT di Boston ormai nel 2012. Io ne sono venuto a conoscenza sulla piattaforma di crowdfunding Kickstarter e mi sono subito innamorato dell’idea. Ho preso contatto con gli studenti, rilevato il brevetto e iniziato a distribuire le matite in Europa. Oggi sono il proprietario e il maggior azionista di Sprout world, con più di 20 milioni di matite piantabili vendute in oltre 80 Paesi.
Ho visto un grande potenziale in questa matita fin dall’inizio. È un modo così semplice di dimostrare che cosa è nei fatti la sostenibilità, un concetto che a volte può essere difficile da cogliere. Ho apprezzato molto l’idea di usare un prodotto, in questo caso per scriverci, dandogli una seconda vita nel momento in cui dovrebbe essere destinato a diventare rifiuto, appunto piantandolo. È una grande alternativa alle classiche penne in plastica e il fatto che la matita possa essere personalizzata con un logo o un messaggio la rende ideale anche per le aziende.
Abbiamo anche un nuovo prodotto, il cucchiaino Sprout che abbiamo appena lanciato sul mercato italiano e da pochi giorni disponibile anche su Amazon. Il cucchiaino è biodegradabile, plastic-free ed è integrato con una bustina da tè proveniente da coltivazioni del commercio equo solidale, quindi ideale per il mercato da asporto, per le catene retail, per gli alberghi e per le aziende, visto che anche il cucchiaino può essere brandizzato.

Quali sono le finalità della vostra azienda?
La mission di Sprout è quella di ispirare le persone e le aziende a intraprendere azioni più sostenibili nella loro quotidianità attraverso le nostre innovazioni. Vogliamo che le persone si chiedano: se posso piantare una matita che altro posso fare per il pianeta? Se posso utilizzare materiali biodegradabili e senza plastica perchè non iniziare oggi? Ogni giorno nel mondo vengono prodotti 135 milioni di penne in plastica. Se possiamo sostituirne anche una parte con delle matite piantabili questo può rendere più verde il nostro pianeta. E, molto più importante, possiamo rendere le persone più consapevoli di questa priorità.

Avete ottenuto recentemente un riconoscimento al MediaKey Press, Outdoor & Promotion: di cosa si tratta?
Il nostro cucchiaino Sprout ha vinto un riconoscimento per essere tra i gadget più sostenibili nel 2019 nella categoria Food and Beverage. Siamo stati molto orgogliosi e onorati per questo e ringraziamo il Gruppo Mediakey per aver attirato l’attenzione sulla necessità anche per l’industria del merchandising di virare verso una maggiore sostenibilità delle soluzioni che le aziende possono utilizzare.

Quali sono i vostri programmi per il futuro?
Nel 2020 continueremo ad impegnarci nello sviluppo e nella diffusione di innovazioni sostenibili che possono avere un impatto positivo sia su piccolo che su larga scala. Noi vogliamo che sempre più persone siano a conoscenza delle nostre matite piantabili, del nostro cucchiaino biodegradabile e, a breve, di una nuova e interessante innovazione, la prima matita per il trucco anch’essa piantabile, presto disponibile anche in Italia. Vogliamo ispirare le persone con esempi positive, non rimproverarle se non fanno abbastanza.