Con questa settimana parte una nuova rubrica: ogni giovedì intervisterò un CSRnative, uno studente o un neolaureato “appassionato di sostenibilità” che aderisce al network nato due anni fa che oggi conta su oltre 150 ragazzi che studiano in tanti atenei diversi.
La prima intervista è a Maria Laura Picciolo, Vice-presidente Pubbliche Relazioni AIESEC Italia, un’importante associazione di studenti universitari che collabora da sempre con CSRnatives.
Essere membro di AIESEC vuol dire far parte di una comunità di giovani leader, che vogliono sviluppare il proprio potenziale mentre contribuiscono a qualcosa molto più grande di loro. Il sito della tua associazione si apre con questa affermazione: ci spieghi meglio quali sono le finalità di AIESEC e quali progetti state portando avanti per promuovere lo sviluppo sostenibile?
AIESEC da più di 60 anni ha come obiettivo la riduzione dei conflitti nel mondo e lo sviluppo del potenziale umano. Riponendo la nostra fiducia nei giovani, in quanto la chiave per un futuro migliore, crediamo che la leadership a tale fine sia il fattore più importante, e che essa possa essere sviluppata in chiunque. Ognuno può sviluppare le sue capacità di leadership attraverso esperienze pratiche in ambienti sfidanti: ciò avviene con opportunità di mobilità internazionale che creiamo in tutto il mondo. Coinvolgendo il numero maggiore di persone in questo tipo di esperienze concrete, ci assicuriamo di sviluppare leader consapevoli, orientati alle soluzioni, che ispirano ad agire e sono aperti e curiosi verso diverse culture. Se tutti i giovani tra i 18 e i 30 anni potessero vivere esperienze di scambio culturale, il mondo in 30 anni potrebbe vedere ciò di cui vogliamo essere responsabili: il raggiungimento della pace e dello sviluppo del potenziale umano in ognuno.
AIESEC vuole promuovere uno sviluppo sostenibile andando ad agire su quelli che sono i problemi più tangibili del mondo di oggi: proprio per questo, attraverso la partnership con le Nazioni Unite, i nostri progetti vanno ad operare sui 17 Goal di Sviluppo Sostenibile Globali definiti dall’ONU nell’Agenda 2030. Tutte le nostre attività sono allineate perciò a tematiche come riduzione dell’impatto climatico, sostegno per un’educazione di qualità, equità di genere, riduzione delle diversità, sviluppo economico e delle infrastrutture, pace, giustizia e forti istituzioni. Offrendo a livello globale più di 28000 opportunità di esperienze concrete, ci assicuriamo uno sviluppo sostenibile e destinato a durare.
Il tema del lavoro (o meglio della mancanza di lavoro) resta uno dei problemi principali del nostro Paese. Tutti dicono che è necessario un maggior impegno per ridurre il gap tra formazione e lavoro, per incoraggiare la propensione dei giovani all’innovazione, per stimolare il loro spirito imprenditoriale. Quali sono secondo te le maggiori criticità a cui deve far fronte oggi un giovane che si affaccia al mercato del lavoro?
C’è un articolo molto interessante che parla della Why Generation che più di una volta mi ha portata a riflettere su quale sia il ruolo dei Millennials oggi.
L’articolo parla di Lucy che fa parte della generazione ‘90: Lucy è cresciuta in una famiglia in cui i genitori si sono costruiti il proprio lavoro, casa e patrimonio da soli. I genitori di Lucy hanno raggiunto risultati più alti di quelli immaginati grazie alla prosperità economica e il boom tecnologico. Lucy oggi ha un impero a propria disposizione e deve in qualche modo portarlo avanti, rinnovandolo in base alle proprie capacità e conoscenze. Il problema è però molto chiaro: è difficile rendere ancora più floreale un giardino già saturo di rose. E così che Lucy cresce in un mondo in cui si sente perennemente insoddisfatta, incapace di costruire un proprio impero su quello che è già esistente: incapace ovvero di salire sulle spalle dei giganti.
I millennials di oggi hanno un sentimento di costante insoddisfazione, di continuo desiderio di cambiare le cose, di innovare e stravolgere quello che già esiste: ecco perché non esiste più il concetto del lavoro unico per tutta la vita.
I millennials, e in quanto tale io per prima, non cercano per forza il lavoro a tempo indeterminato: vogliono l’opportunità stimolante, il progetto accattivante, l’esperienza innovativa.
L’unica criticità in questo è il mercato del lavoro che spesso non è capace di rispondere ad una domanda così poco definita e focalizzata. L’offerta lavorativa è chiara: opportunità in ambito social media, in ambito ingegneristico, finanziario, educativo, comunicativo. La criticità è che i millennials cercano opportunità trasversali, in cui possano sperimentarsi in tutto e imparare il più possibile in diverse tematiche.
Se, come affermano tutti, i giovani sono energia positiva, creatività, innovazione spetta alle organizzazioni responsabili creare opportunità perché questo patrimonio non resti inutilizzato. Hai qualche suggerimento da dare alle imprese che vogliono impegnarsi su questo argomento?
In tre parole: abbracciate il cambiamento. Rinnovare i processi, la struttura, i progetti, le strategie, le modalità di gestione non può che giovare sia all’impresa stessa, che ai giovani.
Abbandoniamo il concetto del “Si è sempre fatto così”: è sempre più importante avvicinarsi ad un nuovo modo di pensare ed agire. Innovare anche le modalità di recruitment e di selezione del personale non considerando come fattore critico di successo l’unica carriera universitaria – che personalmente trovo abbia definitivamente influenzato in maniera positiva la mia vita e la mia visione del mondo – ma focalizzandosi sulle esperienze concrete che la persona che stiamo intervistando ha vissuto. Premiare chi è capace di pensiero divergente, piuttosto che convergente; investire su chi ha avuto modo di vivere esperienze all’estero e che ha potuto vedere la stessa situazione e/o difficoltà con occhi e approcci diversi.
Un secondo consiglio invece riguarda i moltissimi e sempre più provati studi scientifici riguardo il work-life balance. Sempre maggiori sono le teorie che provano una improduttività di fondo rispetto a quei lavori che portano i dipendenti a lavorare per più di 8 ore al giorno, 5 giorni alla settimana, presso la propria scrivania. Assicurarsi invece che i propri dipendenti abbiamo l’opportunità di vivere in ambienti dinamici, interagire con diversi sistemi, abbiamo tempo di approfondire nuovi hobby e passioni, leggere, informarsi, dedicare ore al proprio benessere psico-fisico, sono fattori che sempre più incrementano la performance lavorativa.
Proprio quindi iniziare a creare un ambiente più dinamico nel posto lavorativo, come aree di coworking e “stanze delle idee”, e poi concentrarsi anche sulla vita dei dipendenti al di fuori dell’ufficio, attraverso apposite strutture di coaching, può essere un fattore decisivo per l’impresa.
In una frase: non puntare sulla quantità, ma sulla qualità ed effettività delle ore dedicate al lavoro.
Bella l’idea della muova rubrica. E Maria Laura fa proprio ben sperare che questa nuova ruìbrica ci apra panorami interessanti. Brava Maria Laura!
riflessioni molto articolate e interessanti!
Grazie!