Per un giornalista, abituato a intervistare, è raro essere intervistato… Da tanti anni ti occupi di CSR. Quali sono secondo te le tendenze in atto?
Vero, è raro! Ma stare dall’altra parte aiuta a comprendere meglio, insomma a sviluppare pensiero laterale. La cosa principale che mi sento di dire sulla csr è che mentre 10-15 anni fa era un argomenti da iniziati, spesso considerati degli illusi, oggi è uno dei temi forti in agenda a livello internazionale e forse uno di quelli pù’ capaci di futuro: non era scontato e lo considero un grande successo, nel quale ha avuto un ruolo ognuno di quelli che nel suo piccolo ha combattuto la ‘buona battaglia’ divulgando questi argomenti. Difficile dire cosa sarà la csr tra 10 o anche solo 5 anni, perchè ormai ogni giorno ci sono novità e arrivano davvero dai quattro angoli del pianeta. In questo magma, affascinante per chi lo segue per lavoro o anche per passione, quello che mi pare di aver notato sono due cose: la prima è che ci si muove finalmente su un orizzonte di csr di sistema, dove non si chiede solo alle imprese di impegnarsi su dimensioni di csr ma a tutti gli attori socio-economici rilevanti, compresi ad esempio la P.a., i consumatori o, meglio, consum-attori, le stesse organizzazioni non profit. La seconda è che strategie e politiche di csr, in ogni organizzazione, sono sempre più condivise, definite e poi monitorate attraverso un’attività di engagement che praticamente non ha soluzione di continuità: non più, insomma, una csr dall’alto, forse neanche dal basso, ma quella che mi pare si stia affermando è una csr circolare. Tuttavia, ripeto, ci sono novità e nuove tendenze che prendono forma ogni giorno. Ben vengano!
Oltre che giornalista sei anche un blogger – mondosri (mondosri.info) e OccupyCsr (blog.vita.it/occupycsr/). Da anni segui il dibattito sulla finanza etica o socialmente responsabile (SRI). Ci fai capire meglio quale è la tua opinione in merito?
La finanza etica o Sri è in un certo senso l’altra faccia della csr, vista cioè dalla prospettiva dei risparmiatori o, meglio, come prima, dei risparmi-attori. Anche in questo campo l’evoluzione è continua e la crescita pure, senza rallentamenti negli anni della crisi, anzi forse con un’accelerazione. La ritengo importante almeno quanto la csr, perchè riguarda direttamente gli investimenti finanziari e sappiamo che in un’economia finanziarizzata è la finanza spesso a dettare legge. Per cui un cambiamento di modello di sviluppo nel senso della sostenibilità non può che passare anche dalla finanza, se non soprattutto. Anche qui quello che vedo è un sempre maggiore protagonismo degli investitori, istituzionali e retail, nell’avviare attività di engagement con le società quotate su temi Esg (ambientali, sociali, di governance). E poi c’è la grande ‘marea’ del fossil fuel divestment, la richiesta di disinvestire dalle fonti fossili come strategia di contrasto al climate change, che dai campus universitari Usa si sta rapidamente diffondendo un po’ ovunque: penso se ne parlerà molto nei prossimi mesi, in vista della conferenza Onu di Parigi a fine anno sul climate change.
Se aumenta il dibattito sui temi economico-finanziari migliora la consapevolezza dei cittadini: quanto un pubblico più informato e consapevole può modificare l’approccio strategico di banche, società di prestito al consumo, assicurazioni?
Tantissimo! Come accennavo, il ruolo di consumatori, risparmiatori, cittadini più consapevoli è fondamentale. Occorre soprattutto che si diffonda una maggiore cultura finanziaria di base, su cui poi è più facile innestare percorsi di presa di coscienza del proprio ruolo, di quanto cioè su questioni finanziarie, ma non solo, i comportamenti individuali che diventano collettivi facendo massa critica possano essere agenti di cambiamento nel senso della sostenibilità. Più persone ne diventano consapevoli, più spazi si aprono per una trasformazione concreta del modello di sviluppo e in generale del nostro modo di vivere nel senso della sostenibilità: uniti si può fare, insomma, mentre da soli abbiamo sempre l’impressione che tutto passi molto sopra le nostre teste. I più sensibili su questo fronte sembrano i giovani, tante ricerche ormai lo dicono. Per cui è davvero il caso di dire: largo ai giovani!
Andrea di Turi è un giornalista, laureato in Economia e commercio all’Università Bocconi di Milano, ha seguito lo sviluppo del dibattito sulla CSR e la finanza SRI (socialmente responsabile) a partire dalla seconda metà degli anni ’90, entrando nelle redazioni di alcuni dei primi siti web editoriali focalizzati su tali argomenti. Gestisce il blog mondosri (mondosri.info) e il blog OccupyCsr (blog.vita.it/occupycsr/). Lo si trova senza (quasi) soluzione di continuita’ su Twitter (@andytuit).
Sono del tutto convinto che il nodo reale per lo sviluppo della CSR sia dato dall’unione di tre responsabilità: quella dell’impresa, quella dei consumatori, quella dei comunicatori. Pensiamo ai grandi sommovimenti all’origine della crisi. C’è una enorme responsabilità delle imprese finanziarie, ovviamente, che ormai governano… i governi. Ma c’è anche una grande responsabilità dei consumatori, che di queste istituzioni e delle loro “réclame” si sono ACRITICAMENTE fidati, sottoscrivendo ad esempio mutui senza avere la possbilità di pagarli o valori azionari non sufficientemente indagati. C’è poi quella dei comunicatori (dai giornalisti ai pubblicitari agli esperti di pubbliche relazioni), che hanno contribuito a diffondere notizie senza indagarle PROFESSIONALMENTE e quindi senza metterne in mostra le falsità. Piano piano, però, come dice Di Turi, le cose stanno mutando. Come si è sempre detto, speriamo… L’eternità non è del sistena in cui viviamo e del mondo che da questo sistema è governato!
Davvero interessante il pensiero laterale sviluppato da Andrea Di Turi e contenuto anche in questa intervista. Visto che sono (molto) d’accordo con la “fotografia” scattata, aggiungo soltanto una piccola riflessione basata su esperienze professionali vissute in prima persona come comunicatore: rimane ancora forte la distanza tra l’approccio sistemico delle imprese e la loro comunicazione. Mi spiego: la comunicazione su CSR e sostenibilità è ancora troppo spesso legata al singolo evento, alla singola iniziativa o al racconto dei fatti&cifre di un anno (che sia un bilancio o altro) ma soprattutto noto la fatica ad abbandonare la logica rigida e unidirezionale, consistente, da un lato, in investimenti importanti, idee efficaci e strumenti “performanti” sulla comunicazione del “positivo” e delle novità in termini di CSR ma, d’altro canto, in una esagerata lentezza e scarsa capacità a intervenire nel dibattito pubblico quando si è attaccati. Anche in queste ore se si guarda con un po’ di attenzione al dibattito expo VS no-expo si consolida questa impressione e io, che mi annovero tra gli #expottimisti, mi domando perché non si ha il coraggio di rispondere sulla legittimità dei player privati a parlare di sostenibilità. Ecco, tornando all’approccio sistemico di cui parla Di Turi, non pensate che la comunicazione resti ancora un passo indietro?
approccio sistemico? visione strategica? per ora merce rara….